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I walser: patrimonio culturale dell’umanità

Il XII secolo ha visto l’avvio delle prime migrazioni dei Walser (contrazione del termine Walliser, cioè originario del Vallese) che, grazie a condizioni climatiche particolarmente favorevoli, hanno iniziato un lento cammino dall’altopiano del Goms (Vallese Svizzero) attraverso i passi alpini in quel periodo liberi dai ghiacciai, alla ricerca di nuovi possibili insediamenti nelle Alte Terre limitrofe. Grazie alle loro conoscenze sulla natura e capacità di gestione degli ambienti alpini più avversi, i Walser sono riusciti ad abitare in modo stanziale pendii mai occupati prima di allora per via delle difficoltà climatiche e ambientali. In questo processo hanno così sviluppato una profonda conoscenza della natura che li circondava e hanno affinato tecniche e strategie per trarre dall’ambiente il necessario per vivere (traditional environmental knowledge), imparando allo stesso tempo a preservare le risorse naturali e la biodiversità per le generazioni future.

Tutti gli insediamenti Walser (oltre 150 insediamenti permanenti nati, in località e periodi successivi, nelle Alpi centrali in Svizzera, Italia, Austria, Francia e Liechtenstein lungo un territorio di oltre 300 chilometri), erano tra loro collegati da una rete di sentieri anche transfrontalieri, in parte già esistenti prima della loro edificazione, che hanno tracciato le vie di transito più frequentate delle Alpi e che hanno permesso alle comunità Walser di commercializzare prodotti agricoli e artigianali in occasione di fiere e mercati, spesso organizzate in località molto distanti tra loro.

Gli incentivi offerti alle famiglie Walser da parte dei signori feudali e di alcune grandi istituzioni monastiche (Diritto Walser), hanno sicuramente contribuito alla creazione di nuovi stanziamenti, grazie alla promessa di libertà personali e alla possibilità di godere del “diritto dell’affitto ereditario” della terra, in cambio di un canone annuale e l’obbligo del servizio alle armi in caso di guerra.

In Italia gli insediamenti Walser si sono principalmente localizzati lungo le testate delle valli ai piedi del massiccio del Monte Rosa, caratterizzate da territori montuosi di alta quota (dai 1000 ai 2000 metri di altitudine).

Durante molti secoli di co-evoluzione tra uomo, ambiente e natura, le comunità Walser hanno sviluppato una profonda conoscenza dell’ecosistema alpino riuscendo a proteggere il loro territorio grazie ad un enorme patrimonio bioculturale di conoscenze e saper fare, tramandato tra le generazioni.

Fin dagli inizi le comunità walser si sono distinte anche per la loro specifica espressione linguistica molto simile allo svizzero tedesco nella sua forma più arcaica, che ne ha caratterizzato l’identità culturale fino ad oggi.

Grazie a sofisticate tecniche ed abilità di gestione del paesaggio alpino i Walser sono riusciti ad abitare per primi territori severi, disboscando e dissodando terreni scoscesi resi coltivabili grazie alla costruzione di muretti a secco, terrazzamenti e sistemi di irrigazione e di protezione dalle valanghe e costruendo edifici rurali (fienili, stalle, mulini, fontane, granai, forni, …), ad uso abitativo (edifici con caratteristiche differenti a secondo delle località ma sempre caratterizzati dall’uso massiccio del legno di larice, impiegato secondo l’antica tecnica costruttiva dei tronchi incastrati a blockbau – metodo d’aggancio “maschio-femmina” – e della pietra per il basamento) e religioso (chiese, cappelle, oratori, croci elevate sui picchi o piantate lungo i sentieri).

Le comunità Walser, isolate nell’inospitale ambiente dell’alta montagna e ben consapevoli del necessario rapporto tra i fattori climatico-ambientali e le sostenibilità del loro modello culturale e sociale, erano autosufficienti e decentrate in frazioni sparse di ridotte dimensioni (modello di sostentamento “scarso e sparso”), collegate tra loro da una fitta rete di sentieri: le famiglie si servivano in modo comunitario del forno, del mulino e della fontana.

Grazie alle loro conoscenze avanzate sull’agricoltura in alta montagna, sono riuscite a coltivare quantità sufficienti alla sopravvivenza di cereali (segale, orzo e canapa) fino a oltre 1700 metri di quota e a sviluppare tecniche per la conservazione di enormi quantità di foraggio che potessero alimentare il bestiame (bovini e caprini utilizzati per la produzione di latte, burro e formaggio) nei lunghi mesi invernali quando non era possibile il pascolo, implementando così un modello caratteristico di economia mista detto Alpwirtschaft (basata sull’allevamento del bestiame e l’agricoltura estrema).

In questi mesi, essendo le attività agro-pastorali limitate dal brutto tempo, si lavorava maggiormente alla produzione degli utensili d’uso quotidiano (strumenti per trasformazione del latte in burro e formaggio, coltivazione dei campi, attività pastorali, forgiatura, tessitura, costruzione delle abitazioni, …). Questi oggetti erano solitamente decorati con simboli religiosi e i segni di casato che identificano la famiglia proprietaria di quegli oggetti.

La connotazione storica e culturale della comunità Walser ha contestualmente permesso la preservazione di usi e costumi tipici di ogni villaggio che ancora oggi costituiscono tratti identitari comuni ai vari gruppi comunitari Walser, come l’uso ed impiego dei costumi tipici per ogni villaggio caratterizzati da elementi distintivi che permettono di capire la località di provenienza e lo status sociale di chi lo indossa (es. ragazze nubili, donne sposate).

Tuttavia, a partire dal XIX secolo le località Walser, in modo analogo alla maggior parte dei territori alpini, hanno vissuto un progressivo spopolamento. Questo fenomeno, inizialmente dovuto all’emigrazione stagionale maschile alla ricerca di un’integrazione economica alle attività̀ domestiche, come l’agricoltura e l’allevamento, (anche a seguito delle mutate condizioni climatiche – Piccola Era Glaciale – che avevano ridotto i pascoli d’alta quota e le rese agricole), si è successivamente amplificato con l’impatto della nuova cultura industriale e metropolitana. Nonostante il forte peso di questi avvenimenti sulle comunità Walser, queste hanno sempre cercato, spesso in modo non formale e legato alla sola trasmissione intergenerazionale, di mantenere e tramandare la memoria dell’enorme patrimonio di culturale di cui le loro Alte Terre erano pregne e di salvaguardare quanto rimaneva delle loro tradizioni, conoscenze, usi, ritualità ed espressioni linguistiche. Il complesso sistema della diversità bioculturale sviluppato nei secoli dalle comunità walser, che include aspetti naturali e territoriali, storico-culturali e linguistici, negli ultimi decenni è stato oggetto di un forte incremento della velocità di declino. In modo allarmante, questa perdita di un articolato patrimonio culturale procede in parallelo a innumerevoli cambiamenti socioeconomici ed ambientali, oggi non più sostenibili. La salvaguardia delle conoscenze sviluppate dall’antico popolo delle Alpi può diventare anche uno strumento di comprensione di altri fenomeni e promuovere percorsi trasformativi verso uno sviluppo sostenibile per il futuro. Ad oggi il programma di salvaguardia e la trasmissione del patrimonio culturale walser è sostenuto da associazioni, persone ed enti a livello locale, nazionale ed internazionale che si impegnano nel sostenere la vitalità dei molteplici aspetti del patrimonio culturale walser. Forti della loro ramificazione sul territorio, le comunità presentano un’unità d’intenti e concordanza di scopo e cercano di coinvolgere anche i gruppi presenti nelle aree più remote, ma per questo più connesse alla Natura e al rischio di perdita del loro patrimonio bioculturale per la rapida antropizzazione di queste località.

Dove si trova

Fraz. Rabernardo, Val Vogna

LA CASA MUSEO WALSER

La casa costruita in pietra e legno si erge su 4 piani, adorna delle caratteristiche balconate (lobbie) a loro volta attrezzate con pertiche orizzontali per l’essiccatura del fieno.
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